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Notizie » L’editore intervista l’autore: Alessandro Cortese

Intervista [Autore] 25/01/2022 12:00:00

🌱 In occasione della pubblicazione del libro di Alessandro Cortese, “La mafia nello zaino” - Il bimbo, il nano e l’assassino - in libreria dal 27 gennaio 2022, abbiamo intervistato per voi l’autore. Buona lettura.

🎤👇👀

Ciao Alessandro, “La mafia nello zaino” è la tua prima pubblicazione con Il ramo e la foglia edizioni, potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?

Ho l’abitudine di scrivere romanzi piuttosto lunghi, quindi quando mi si chiede di essere breve vado in difficoltà!
Sono una persona tutto sommato normale, con il dono di ascoltare le storie praticamente da sempre: quando ero bambino, ricordo che leggevo i fumetti di Topolino e sentivo i personaggi parlare ciascuno con voce diversa; una volta chiesi a mio padre se capitasse anche a lui, mi rispose di no e capii che doveva essere una cosa mia. Poi mi dissi che magari c’erano anche altre voci, da ascoltare, dentro di me… voci di personaggi miei. Così iniziai a farlo e siamo arrivati a oggi: “La mafia nello zaino” è il quarto romanzo che pubblico ma ho perso il conto di quanti ne ho scritti e stanno nei miei cassetti.


Quali sono i tuoi autori di riferimento e le tue letture preferite?

Dipende dal momento: a 14 anni il mio autore di riferimento era Kafka. A 18, Tolkien. Calvino, negli anni universitari. Poi Saramago… e infine gli americani. Probabilmente, oggi direi Palahniuk. Palahniuk, per me, è il più grande autore di narrativa vivente.


Ci parli brevemente delle tue precedenti pubblicazioni?

Farò di più! Vi parlerò anche delle prossime!
Ho scritto sempre con l’idea di divertirmi… di usare le parole per andare in posti dove, diversamente, non sarei mai andato. Così il primo libro che ho pubblicato, “Eden”, l’ho usato per dare uno sguardo tra le nebbie dove mi immagino sia costruito il paradiso. “Ad lucem”, che di “Eden” era il seguito, rimane per me il libro più complesso che ho progettato, dal punto di vista del meccanismo narrativo… ed è anche il mio più grande rimpianto, perché ha sofferto di una mancanza di tempo, tempo che l’avrebbe migliorato, dovuta alla promessa di rispettare la data di uscita prestabilita.
“Polimnia” è stato il mio primo romanzo storico e star lì, nella sabbia delle Termopoli, tra Greci e Persiani, era per me un onore.
Così com’è stato un onore partecipare alla vita di Tesla e Edison, immergendomi nel secolo scorso e in tutti gli sconvolgimenti che lo hanno reso il secolo più importante della storia dell’umanità… se mai pubblicherò il mio “Tesla”, ne riparlerò.
Adesso ho scritto un romanzo su Muhammad Alì, ne sto scrivendo uno su Orfeo ed Euridice e ne scriverò uno sulla pandemia e su come la gente stia reagendo a essa, mostrando il peggio del peggio di sé… non so quanti ne terminerò, né quanti ne pubblicherò: in teoria, avrei smesso di fare lo scrittore nel 2015!


Perché hai scritto “La mafia nello zaino”?

Perché sono un siciliano e, per i siciliani, la Sicilia è tutto.
È madre, padre, casa, storia. La nostra essenza viene da questa terra che, per quanto vicina all’Italia, non sarà mai Italia.
Come tutti i siciliani emigrati, c’è un momento in cui si sente il desiderio di tornare e io, qualche anno fa, ho sentito quel desiderio tanto forte da decidere di tornare. Non potevo tornarci fisicamente, non avrebbe avuto alcun senso… ma ci potevo tornare usando lo stesso mezzo che ho usato per andare ovunque volessi: le parole. Così “La mafia nello zaino” è il mio ritorno a casa. In Sicilia.


Il libro è raccontato da un piciriddu, un ragazzo di dodici anni che si pone la domanda: “Che cos’è la mafia?”. Ti somiglia? A chi ti sei ispirato?

Quel picciriddu sono io, inutile nasconderlo. C’è una fondamentale componente autobiografica, in questo mio libro. In realtà, in ogni mio romanzo o racconto ci sono sempre io, in un modo o nell’altro… ma questo libro mi appartiene come non potrebbero mai appartenermi gli altri.
Quel che vede il mio picciriddu, i morti per strada, i morti di mafia e la mafia stessa, è quello che ho visto io fin da bambino. Quindi l’ho scritto tornando indietro, rimettendomi davanti al mio primo morto steso per terra, sotto un lenzuolo bianco, vicino la sala giochi che frequentavo… o ripensando a cosa provai quando vidi la prima pagina della Gazzetta del Sud raccontare di un ragazzo che conoscevo a cui avevano tagliato le mani per punizione.
A quei ricordi volevo dare un senso. Metterli al posto giusto. E ora stanno in un posto che secondo me è il loro posto.


“La mafia nello zaino” è un romanzo d’invenzione o ti ispiri a fatti realmente accaduti?

Io ho smesso di essere un bambino il pomeriggio che hanno fatto esplodere Paolo Borsellino. Non dimenticherò mai quel giorno di luglio… le edizioni straordinarie dei telegiornali su tutti i canali.
Ho scritto questo romanzo perché volevo, tra le altre cose, dire grazie a un uomo che mi ha insegnato che nella vita puoi sì morire… ma nonostante la morte si può parlare alla gente e ispirarla a fare di meglio.
Ho voluto raccontare anche di padre Pino Puglisi… che nel mio libro è padre Pippo, un altro morto di mafia che tanto ha dato alla Sicilia per averne indietro una pallottola.
Decisamente, questo romanzo è fatto di persone vere a cui ho voluto mettere una maschera addosso, con nomi diversi in posti diversi, trasfigurandoli come abbiamo l’abitudine di fare noi siciliani. Ma chiunque li riconoscerà.


Perché il sottotitolo “Il bimbo, il nano e l’assassino”?

Perché tutta la storia si riassume così. Con un bimbo, un nano e un assassino. Con un bimbo che è Sicilia spontanea e ingenua, che rappresenta lo sguardo semplice di chi vive l’isola senza averla ancora capita; con un nano che è gigantesco ed è la Sicilia che fa paura, che rappresenta lo sguardo a un passato arcaico tutto fatto di parole strane, rituali e leggi del taglione; e poi c’è l’assassino che tutto sommato rappresenta la Sicilia che si adatta, a tutto pur di sopravvivere, con lo sguardo di chi dice di credere in un futuro migliore ma alla fine non ci crede più.
Per me è una fiaba e volevo qualcosa, nel titolo, che ricordasse una fiaba.


A quali lettori è rivolto il tuo romanzo? Cosa può convincere un lettore incerto a leggerlo?

Che a leggerlo sia un ragazzo o un adulto, è un libro che può essere aperto da tutti e a tutti può dare. O da tutti può prendere.
Perché leggerlo? Perché voglio pensare che vicino a certi libri di Pirandello, Sciascia, Camilleri o Bufalino, assieme alla grande narrativa siciliana e di Sicilia, questo mio picciriddu, fatto di carta e ricordi, ci stia benissimo e dica la sua, più e meglio di come potrebbe fare un siciliano in carne e ossa: sono orgoglioso di lui, perché dice le cose meglio di come avrei mai potuto dirle io.

Grazie.


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