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Notizie » L’editore intervista l’autore: Luigi Weber

Intervista [Autore] 24/01/2023 12:00:00

🌱 In occasione della pubblicazione di “Navi nel deserto”, romanzo d’esordio di Luigi Weber, in libreria dal 27 gennaio 2023, abbiamo intervistato per voi l’autore.

🎤👇👀

:: Ciao Luigi, il romanzo Navi nel deserto è il tuo esordio letterario. Potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?

🎤 Esordio tardivo, a cinquant’anni, e insieme paradossalmente giovanile, perché questo racconto mi accompagna da quando ne avevo venti, e mantiene gli aromi di quella stagione.
Oggi non posso ancora dire: sono uno scrittore. Fui uno scrittore alla luce del sole per gran parte della mia infanzia e giovinezza, con la serietà, la megalomania e l’autoindulgenza proprie dei bambini, cominciando a riempire quaderni di storie fin da quando potevo usare solo la scrittura in stampatello (non per ritardi nell’apprendimento, ma perché ero in terza elementare). Ne scrissi centinaia, a mano e a macchina, d’ogni genere – nel senso proprio di genere letterario – e lunghezza, fino all’incirca ai vent’anni. Poi, sopraggiunta una qualche maturità, smisi. E poco dopo, come un fiume carsico, cominciò in grotta l’avventura di Navi nel deserto.
Sarò, chissà, magari, un giorno, uno scrittore, ma solo grazie a dei complici lettori.
Dapprima fu lo spirito di adattamento, un istinto evolutivo, a portarmi verso le parole stampate e lette. Bambino solitario, dalla scarsissima libertà e – di conseguenza – con nessuna vita sociale, scoprii che per sfuggire alla prigione di un affettuoso/ansioso controllo familiare, in una casa piena di libri, avevo solo una via per evadere. Che passava per le porte aperte, le sole porte aperte, di quei libri, e degli altri che avrei potuto inventarmi. Come certe creature delle caverne fanno a meno degli occhi perché vivono al buio, come certi pesci degli abissi sviluppano estremità luminescenti per cacciare, io ho estroflesso da me un tentacolo, e mi sono imposto di diventare lucciola di me stesso.

:: Quali sono le letture che in qualche modo hanno influenzato la scrittura di questo tuo primo romanzo?

🎤 Ogni libro è figlio illegittimo di molti genitori, e Navi nel deserto, nel suo piccolo, non fa eccezione. Nacque battezzandosi nel nome di Joseph Conrad, che fu il mio autore del cuore sulla soglia tra giovinezza e prima età adulta, ma di fatto la sua famiglia variegata e stravagante ospitava anche Herman Melville, James Graham Ballard, Serge Brussolo, Hayao Miyazaki, Philip Dick, Gianni Celati, Joseph Roth, Alain Robbe-Grillet, Michele Mari, Petronio Arbitro, Apuleio, i lirici e i tragici greci, le fiabe persiane e tanto fumetto, da Dino Battaglia ad Alan Moore. I miei mai finiti anni di formazione erano popolati da loro, e non li ho lasciati andar via. Sono presenze e voci, fantasmi, apparizioni, che abitano il romanzo a vari livelli. Niente a che fare con citazioni o citazionismi: piuttosto i mattoni di cui si compone, in modo spesso casuale, l’immaginario.
E poi c’è Dante, che è la letteratura, tutta la letteratura. Passata presente e futura.

:: Vieni dal mondo accademico, Professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Bologna; hai scritto il romanzo Navi nel deserto, e benché ci siano diversi casi di successo di accademici che scrivono fiction, non è scontato che chi è impegnato nel lavoro critico sui testi letterari poi riesca a scrivere un romanzo, nel quale entrano in gioco piani espressivi differenti da quelli utilizzati per scrivere saggi o articoli di carattere critico: cosa ti ha spinto a tentare questa strada, qual è stata la scintilla e perché hai scelto il romanzo come modalità espressiva?

🎤 In realtà sono approdato al mondo accademico da ricercatore e poi da docente quando “Navi del deserto” era il mio compagno segreto già da molti anni, quasi una decina. L’università di Bologna fu preziosa, preziosissima, mentre la frequentavo da studente. Ebbi la fortuna di aggirarmi nelle sale aule e biblioteche che ora sono il mio luogo di lavoro mentre vi insegnavano maestri straordinari come Ezio Raimondi, Mario Lavagetto, Guido Guglielmi, Franco Farinelli, Emilio Pasquini, e tanti altri.
Ad ogni modo, università e narrazione non confliggono. La vocazione del narratore la ritrovo in me ogni volta che mi accorgo – sempre – che una cosa che potrei raccontare in dieci parole, la racconto in cinquanta o in cento. Ciò configura una divertente omologia potenziale tra il narratore e il seccatore. Per fortuna, l’altra componente necessaria del circuito comunicativo, ossia il narratario, o diciamo pure l’ascoltatore, il più delle volte non si secca. Molti anni di lezioni e tante ore di insegnamento mi hanno confortato in questa persuasione. Ciò mi fa sperare in bene.

:: Quanto tempo ci hai messo a scrivere Navi nel deserto? Ci racconti la sua genesi?

🎤 Iniziò con un sogno, nitido ed enigmatico come tutti i sogni, nel 1992. La grande nave si muoveva su ruote in un panorama desertico: alte onde di sabbia sahariane e piste sassose, con qualche dente di pietra a innalzarsi maestoso sullo sfondo. Tutto qui. Amavo le storie d’avventura e quelle di fantascienza, e fu più o meno allora che mi capitò per le mani, in una bancarella, Racconti di mare e di costa di Joseph Conrad. Era una vecchia stampa economica Bompiani con la traduzione, splendida, di Jahier, ma io allora non ne sapevo quasi nulla, né di Conrad né di Jahier. Mi piaceva la copertina e trovavo intrigante il titolo, ecco. Fui molto fortunato. Dentro mi aspettavano due dei racconti più belli di Conrad, e in particolare i due che hanno costituito il punto di partenza del mio romanzo: Il coinquilino segreto (The Secret Sharer) e Freya delle Sette Isole (Freya of the Seven Isles). Cominciai da lì, da una storia d’amore e di dolente attesa, e dalla storia di un incontro inatteso tra un giovane capitano inesperto e un clandestino. Li costrinsi a stare insieme, e subito mi accorsi che il connubio generava necessariamente una vicenda nuova. Così proseguii con altri romanzi o racconti conradiani, intarsiandoli nella trama mano a mano che li scoprivo: Tifone, Nostromo, Suspense, Lord Jim, Vittoria, La linea d’ombra, Giovinezza, e così via. La scoperta affascinante, per me, fu che non era affatto necessario conoscere o riconoscere gli ipotesti conradiani: la storia aveva conquistato una sua identità, e fluiva indipendente. Tutti i personaggi, fatta salva una minuscola eccezione, hanno nomi prelevati di peso dalle opere di Joseph Conrad, ma il criterio operativo è all’opposto della citazione: è quello della maschera. Non volevo sollecitare i lettori a trovare le somiglianze, bensì far capire che era in corso un travestimento.
Scrissi la prima metà fino ai tardi anni Novanta, imparando soprattutto dalle lezioni di Mario Lavagetto come si costruiva un testo narrativo. Poi patii una lunga pausa. Molte riscritture e aggiunte, ma non riuscivo a finirlo, sebbene avessi chiaro in testa cosa doveva ancora succedere, fino all’ultima parola. Il problema non era il plot, era la lingua. Solo quando sentii di essere riuscito a dare al libro una lingua che mi convincesse, e che non poteva più essere quella del me stesso ragazzo, lo completai. Nel frattempo eravamo arrivati al 2009. Un amico critico e scrittore, Sergio Garufi, mi incoraggiò a proporlo ad alcune case editrici, tuttavia mi rendevo conto che si trattava di un oggetto difficile da etichettare e inquadrare. Non andò bene, e io me lo aspettavo. Passarono altri anni, nei quali il romanzo rimase, senza più modifiche, nel proverbiale cassetto. Fino al 2020-21, quando lessi con ammirazione e divertimento gli strepitosi libri di Ezio Sinigaglia riscoperti da Giuseppe Girimonti Greco, in particolare Il Pantarei e L’imitazion del vero. Se qualcuno poteva osare tanto, ed essere accettato, forse io pure, che certo non avevo il talento immenso di Ezio, potevo dare una seconda possibilità al mio incanutito ma non rifiutato esperimento. E proprio Giuseppe, che è un lettore finissimo e una persona di non comune generosità, mi ha aiutato in questa operazione non tanto archeologica quanto negromantica di resurrezione, facendo incontrare Navi nel deserto con “Il ramo e la foglia”.

:: Pensi di essere riuscito a definire una tua cifra stilistica?

🎤 Nel libro ci sono moltissimi registri diversi e strutture diverse, ma io lo sento come unitario proprio in questo essere proteiforme.
In un passo famoso di un libro famoso (non dirò quale), Conrad scrive una frase che dà la misura perfetta di ciò che anche io vorrei aver fatto: “per lui il significato di un episodio non andava cercato all’interno, nel gheriglio, ma all’esterno, in ciò che, avviluppando il racconto, finiva col rivelarlo, come la luce rivela la foschia”.

:: Navi nel deserto: perché questo titolo? “Navi” e “deserto” sono due parole che in apparenza sembrano essere in contrasto tra di loro.

🎤 Credo che la formula Navi nel deserto rappresenti bene una delle peculiarità del mondo che ho sognato e poi raccontato. Nel romanzo compare a un certo punto una downtown, una foresta di grattacieli come si vedono in molte metropoli contemporanee, solo che lì sono delle rovine, dei relitti, ed emergono dalle sabbie appena per poche decine di metri. È una delle chiavi del libro: il deserto copre qualcosa, come un mare solido, e quel qualcosa è la vera trama dei significati che la mia storia occulta. Sono visibili solo per parziali affioramenti, parole a mezzo, reticenze, proprio come quando la luce rivela la foschia.
In origine Navi nel deserto aveva un sottotitolo: Una storia di fondali. Era un omaggio ai tre sottotitoli di Racconti di mare e di costa (Racconto di porto; Episodio della costa; Storia di bassifondi), ma alludeva precisamente al fatto che in questo mondo fittizio il mare è scomparso, e sono rimasti solo i fondali. Volevo suggerire la presenza dei fondali, inteso come qualcosa che sta sotto, non si vede, ma c’è. Alla fine si è inabissato, lui pure.
Conrad concepiva l’arte narrativa come una disseminazione di enigmi. A me l’idea piace particolarmente. Non un racconto che spieghi tutto, prima o poi, come nel classico modello investigativo, o che componga i contrasti, come in qualsiasi happy ending, ma al contrario un viaggio che intersechi tante domande; spetta al lettore, se vuole e se le riconosce come tali, cercare di darvi delle risposte.

:: Nella bandella leggiamo: «Naviganti, Pirati, Isolane e Cittadini dividono una terra aspra, inospitale, e se la contendono intrecciando odio, pregiudizi, incomprensioni». Quali sono i gangli emotivi che caratterizzano il tuo romanzo dall’aria avventurosa, come la bandella ci fa intendere?

🎤 Purtroppo odio, pregiudizi e incomprensioni sono parole non scelte a caso, e la loro compresenza rende questo romanzo – per altri versi tanto inattuale – quanto mai in sintonia con il nostro peggior presente. Più ancora rispetto a quando cominciai a scriverlo. In Navi nel deserto si incontrano quattro tipologie di persone, le prime due nomadi (Naviganti e Pirati), le altre due stanziali (Isolane e Cittadini). Ci sono tre luoghi dove si vive: sulle navi che lentamente si muovono nel deserto, nelle Rocche costruite alte su rupi che si innalzano dalle sabbie, e nelle Oasi. Solo che ognuno di questi gruppi umani odia ferocemente e disprezza tutti gli altri, con punte estreme di sadismo simbolico o concreto. È un libro su una delle tendenze più oscure del consesso umano: il sospetto verso le devianze, la volontà di uniformare gli altri al proprio modello o rifiutarli senza appello, il perseguitarli per le proprie scelte di vita o di comunità. Nei primi anni Novanta mi pareva quasi uno scenario distopico, che temevo ma raffiguravo anche con toni satirici o iperbolici. Oggi l’ostilità verso chiunque possa essere definito diverso – avvenga ciò per ragioni etniche, religiose, culturali, o personali – è infinitamente più rabbiosa, cieca e diffusa. Ho premuto così tanto il pedale sulla violenza o la spregevolezza di certi personaggi o categorie o forme di pensiero per cercare di ottenere una risposta emotiva e intellettuale insieme, una specie di grido d’allarme.

:: Siamo in un luogo narrativo che non ha un tempo né uno spazio ben definiti, si capisce tuttavia che è accaduto qualcosa nella storia dell’umanità (su questo pianeta?): c’è stato un prima, nella narrazione siamo in un dopo-qualcosa. Cosa è successo? Certe volte la fantasia di uno scrittore precede la storia o comunque ci si avvicina molto, pensi che ci sia qualcosa di profetico nell’atto della scrittura?

🎤 Nella prima pagina, in una frase che è anche un omaggio esplicito alla tetralogia degli elementi di James Ballard, ossia a uno dei maggiori scrittori apocalittici del XX secolo, si legge: “Il vento dal nulla che aveva soffiato furiosamente per anni, erodendo perfino le montagne e coprendo ogni cosa di terra e polvere, taceva ormai da gran tempo. Altrove, si diceva, era un deserto d’acqua, ma qui solo terra bruciata e foreste di cristallo”. Quel che mi importava, come nel bellissimo La strada di Cormac McCarthy, era mettere in chiaro fin dall’inizio che la catastrofe era già avvenuta, e che poco importa, ormai, come o perché. È senz’altro il nostro pianeta, tanto è vero che vi si trovano ancora libri che possiamo leggere noi, come Dante o lo stesso Conrad, e insieme è una plaga desolata, feroce e inospitale (non solo per ragioni di clima!) che spero i nostri discendenti riusciranno a evitare.

:: In che modo i personaggi del romanzo ti somigliano o ti esprimono?

🎤 È un libro sull’orrore. La letteratura deve guardarlo e nominarlo. Se non lo fa la letteratura, nessun altro può. E l’orrore abita prima di tutto dentro le nostre case interiori.

:: A quali lettori è rivolto Navi nel deserto? Cosa può convincere un lettore incerto a leggere il tuo romanzo?

🎤 Un romanzo è una macchina lenta, come le mie gigantesche navi che arrancano su ruote in un ambiente ostile per la loro mole. Tuttavia la sua andatura è anche una ricchezza, non un difetto. Un lettore ideale io me lo immagino come un cercatore d’oro: non sa cosa o dove, ma sa che cerca, e questo lo tiene desto e affamato. Può trovare molte cose dentro Navi nel deserto, di questo sono convinto, e ogni volta che scosterà la superficie della sabbia ne troverà delle altre. Una delle virtù maggiori della letteratura è che un libro non va gettato perché non si rompe e non si consuma mai, e non ci rende mai dei meri consumatori. Cresce e si modifica insieme a noi.

:: Hai qualcosa da aggiungere?

🎤 Grazie a chi, voi per primi, avrà avuto la pazienza di arrivare fin qui.

:: Grazie.


🌱👉 “Navi nel deserto” sarà in libreria dal 27 gennaio 2023.

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