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Notizie » Dinamiche di corpi in Rethorica novissima

Recensione [Libri] 15/12/2021 12:00:00

La metatesi contenuta nel sostantivo del titolo è un indubbio segnale. Accade che non sia d’un subito distinguibile, come non lo è per altro la lettera rubata di consolidata tradizione letteraria, epperò è segnale notevole: non un lapsus calami, ma una intenzionale, programmata indicazione di percorso, la cui rilevazione sollecita attenzione, intelligenza interpretativa. L’acca che si sposta, manomettendola e giocando un tiro burlone alla Rhetorica novissima di Boncompagno da Signa, mentre si intende quale scherzosa variazione ortografica, suggerisce uno scarto dalla norma o, meglio, una profilatura metonimica di un’altra retorica nella retorica; e novissima, che Francesco Muzzioli nella sua prefazione riporta, in chiave di dialettica citazione, a un nome di gruppo esemplare della neoavanguardia italiana, si espande dunque in una callida iunctura. In Rethorica novissima di Gualberto Alvino (Il ramo e le foglie edizioni, 2021) la retorica ha una sua certificata, lontana origine e una sua storica consistenza, di cui avvertono il latino del titolo e il calco in paratesto da Boncompagno da Signa, e tuttavia, nel solco di quella lontana origine e di quella storica consistenza, che sono occasioni speciali di lavoro filologico, per via di metatesi essa promette e poi mostra tratti inusitati, anacronistici, ereticali, novissimi come di cellule atipiche rinvenute ed enucleate in un funzionale corpo compatto.
La filologia si fa corpo sostanziato di retorica e retorica (discorso, argomentazione) del corpo in Humanitas, componimento, il cui nome ha molteplici uscite semantiche e sicura portanza connotativa, che proviene da una raccolta precedente di Gualberto Alvino e che gode, in questo libro, di una centralità indiscussa. Il latino medievale dei manuali di medicina veterinaria e le variazioni fisiologiche che ne conseguono, in un italiano scientificamente versato, tra reperti di dissezione, refertazioni e lezioni di anatomia tanto animale quanto umana (il tutto fa humanitas, appunto), rinviano, per giunzioni tra metafora e metonimia, alla densità e alla sodezza corporali del testo, della sua costituzione retorica, e alla frequentazione, come con un corpo, della filologia che lo osserva, che lo fruga. In forza di un cosiffatto combinato disposto, che scarta di netto l’assunzione di molecole di retorichese a mo’ di placebo, con eccipienti di filologia a complemento, frequente in certo sperimentalismo della poesia dell’ultimo ventennio del Novecento, l’iconografia delle sale anatomiche nella pittura tra Seicento e Settecento dispone dell’ambientazione di Humanitas; e non è casuale la pertinenza ad un lungo brano tra i più stupefacenti delle “meraviglie” gaddiane, il brano dell’intervento chirurgico ripreso al rallentatore, con dovizia – a sostegno – di termini normati dalla scienza: un brano corposamente espressionistico.
L’essere corpo – e denso e di considerevole peso specifico – di retorica e di filologia induce due risultanze sul piano della letterarietà e dei principi di poetica: l’agglutinarsi come corpo della scrittura in versi – per la proprietà transitiva ossia per il “passi” della retorica come universo mondo dell’argomentazione – e il suo assorbire dimensioni onnitestuali, irriferibili alle categorie consuete dell’estetico, del poetese o del poetichese che dir si vogliano, comprendendovi, come è ovvio, il sottogenere del lirichese. Di qui il rifiuto di computazioni ideologico-letterarie da protocollo, con le relative posologie da prescrivere; e il tendersi della struttura del linguaggio poetico fino alla prosa, in una corresponsabilità che comporta un continuo scambio delle parti tra ritmo e sintassi; e la modulazione plurilinguistica, che sostiene e accresce la carica espressiva sprigionata dalle stringhe versali; e l’adozione di un discorrere aperto e tracimante, che sradica parallelismi sonori, sovverte ricorsività; e la commisurazione con spinose modalità brachilogiche – puntualmente antiliriche – di forme chiuse di versificazione.

Marcello Carlino

👌 Ringraziamo il prof. Marcello Carlino per la recensione che apparirà nel numero 222 della rivista Fermenti.


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