La scrittura, per la Maleti, è uno dei mezzi di espressione ed elaborazione di tutto il proprio vissuto. L’intera sua opera poetica, nella varietà di temi e di stili, rivela continuità e un graduale tentativo di giungere a una limpida comprensione di sé attraverso il potere denotativo della parola. Le ultime opere poetiche, alcune delle quali in parte qui proposte, ma anche nell’inedito "Il bosco", presentano un’evoluzione del linguaggio e una parallela maturazione della voce autoriale. Tali opere sembrano riproporre il consueto lessico saldamente ancorato alla pregnanza della materia, ma si distinguono per un linguaggio complessivamente più piano e trasparente, in cui l’autrice non teme di mostrare la tribolata percezione di sé.
Avvicinarsi all’opera poetica di Gabriella Maleti significa, innanzitutto, accogliere la lenta e graduale ostensione della trama di una vita. Schiva, solitaria, abituata a nascondersi o a indagarsi rabbiosamente, a considerarsi nata per errore, attraverso la lunga pratica della parola, l’autrice è riuscita, con il tempo, ad avvicinarsi a sé stessa, alla propria pelle, al proprio corpo ferito, al proprio straniamento, accogliendolo ed esprimendolo.
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Così riluce, ma tanto, il giorno sulla foglia,
sulle sue venature e macchioline piene di senno.
È verde verde la foglia e la vita la tiene stretta
come salvezza. Ha bisogno di vita la vita
Solo così la vita si mantiene in equilibrio.
A volte è stanca e si aggrappa alla foglia.
In osmosi si guardano l’una nell’altra,
sono il principio e la fine.
E noi le osserviamo, studiando la vita.
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